Come è andata con la bruschettina di ieri? Ho sentito qualcuno intenzionato a provarla. Bhè a dir la verità il qualcuno in questione è molto di parte essendo mio cugino, al quale però ho privatamente sconsigliato di farla con i gamberetti in salamoia. Non sono la stessa cosa e sopratutto non è lo stesso sapore. Non vorrei usare la metafora della cioccolata, ma voi potreste confondervi tra la soia e l’olio di oliva extravergine? Più o meno la differenza è quella. Certo, se doveste avere a vostra disposizione solo i gamberetti in salamoia, allora vi potrei anche dire…. di usarli per l’insalata! E poi…. fidatevi di me, qualche fogliolina di menta nel pesto di zucchine ci sta benissimo. Regala un sapore fresco che si sposa perfettamente con i gamberi. Magari evitatele se vi dovesse capitare di preparare il pesto per la pasta, ma quello è un altro procedimento che vi spiegherò in un’altra ricetta. Anche perchè oggi si parla di secondi! Ieri, aggiornando il blog e inserendo un sondaggio (avete risposto, vero??? ruotate i vostri dolci occhietti sulla destra della pagina… è impossibile non vederlo!) mi sono accorta di aver creato la pagina per i secondi, ma di non aver ancora inserito nessuna ricetta. Notate per caso una mia predilezione per primi e antipasti??? Eh sì, lo ammetto, sono la mia passione. In realtà, anche i secondi non mi dispiacciono, specialmente quelli di pesce. Con la carne non vado proprio d’accordissimo, ma almeno due volte a settimana mi sforzo di mangiarla (sono sicura che a questo punto Zio Brontolo si stia facendo una grossa risata!). E così, scoperto il mio punto debole, ammetto di non aver tante ricette di secondi nel mio sacco delle sorprese. Ma… ho con me molto di più. Ho da qualche giorno acquistato la Bibbia della cucina italiana: l’Artusi. Nei primi giorni sono stata rapita dalla cospicua introduzione di Alberto Capatti, attraverso la quale ho capito l’importanza che ha avuto questo libro di cucina per l’unità d’Italia, per lo meno a tavola. E così oggi, non avendo una ricetta personale da proporre, sentendomi un pò più italiana del solito, ed essendo intenzionata ad omaggiare chi ha reso univoco il vocabolario culinario italiano, voglio lanciare una sfida a voi tutti.
Riscriverò qui sotto, passo dopo passo, una ricetta dell’Artusi (un secondo, così colmo lo spazio ancora lasciato in bianco!) che ancora non ho sperimentato, a cui vorrei però dedicarmi durante questa settimana. Spero lo facciate anche voi, sia per rispolverare uno spirito patriottico e di condivisione, sia per avere al più presto vostri commenti, retroscena, appunti su una delle ricette di questo libro che negli anni è stato spesso selvaggiamente criticato per mancanza di chiarezza, arretratezza di linguaggio, assenza di specificità nella quantità degli ingredienti, e via discorrendo. Magari forse riscopriremo tutti insieme l’attualità delle ricette nostrane, o l’equilibrio di sapori che ne deriva. Chissà… per ora ci basta solo prendere una parannanza e provare.
Sarde ripiene
Per questo piatto ci vogliono sarde delle più grosse. Prendetene da 20 a 24 che tante bastano per la quantità del ripieno qui sotto descritto. Le sarde lavatele, togliete loro la testa, e con le dita sparatele dalla parte del buzzo per estrarne la spina. Formate un composto con:
Midolla di pane, gr. 30;
acciughe salate, n. 3;
un rosso d’uovo;
mezzo spicchio d’aglio;
un pizzico di regamo.
La midolla di pane inzuppatela nel latte e poi strizzatela. Le acciughe nettatele dalle scaglie e dalla spina, e poi tritate e mescolate ogni cosa insieme servendovi per ultimo della lama di un coltello per ridurre il composto ben fine. Spalmate con esso le sarde e richiudetele; indi tuffatele ad una ad una nella chiara d’uovo rimasta, dopo averla sbattuta, avvolgetele nel pangrattato, friggetele nell’olio, salatele alquanto e servitele con spicchi di limone.
Per chiunque voglia saperne di più su Pellegrino Artusi e “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” consiglio vivamente l’edizione della BUR a cura di Alberto Capatti, con note critiche e appunti.
Che altro dirvi oggi? Lascio a voi ogni sorta di commento su questo piatto. Anzi, aspetto trepidante vostri consigli e suggerimenti. Quello che però posso ancora regalare ai lettori di oggi è una frase di Capatti che condensa forse al meglio l’idea di cucina dell’Artusi.