L’acqua domestica che lambisce quotidianamente il piatto e i cristalli del box non è semplicemente un liquido inoffensivo: trasporta tensioattivi dei detergenti, residui di shampoo, sali di calcare, sbalzi di temperatura da dieci a oltre quaranta gradi e un carico di vapore saturo che raggiunge gli spigoli più nascosti. Qualunque giunto elastico chiamato a far da barriera deve quindi resistere a condizioni chimiche e meccaniche che in altri ambienti si incontrano di rado. Per questa ragione non tutti i siliconi dichiarati “per bagno” hanno la stessa efficacia; occorre distinguere composizione, additivi antimuffa, modulo elastico e adesione sui materiali specifici del box – vetro temperato, alluminio anodizzato, acciaio inox e piatto in acrilico o ceramica.
La chimica di base: acetico, neutro e ibrido MS
Il silicone acetico rilascia acido acetico durante la polimerizzazione, odora di aceto e aderisce in modo eccellente al vetro, ma fatica su metalli sensibili alla corrosione e su materiali plastici come ABS o policarbonato. Il neutro alcoxy, invece, polimerizza emettendo alcoli, quasi inodore, compatibile con l’alluminio anodizzato e con le vernici in polvere dei profili, oltre ad assicurare un’adesione adeguata ai piatti acrilici. L’ibrido MS, a base di polimeri silano modificati, unisce buona elasticità a un’adesione tenace anche su supporti leggermente umidi, ma ha prestazioni antibatteriche inferiori se non arricchito da fungicidi specifici. Per la maggior parte dei box doccia moderni con vetri e profili metallici verniciati la scelta ricade sul neutro alcoxy, capace di saldare materiali eterogenei senza attaccarli chimicamente.
Gli additivi: la differenza tra silicone generico e silicone “sanitario”
Il termine “sanitario” indica la presenza di biocidi incorporati nella matrice polimerica che ostacolano lo sviluppo di colonie microbiche. I batteri idrofili e le spore di muffa si annidano nell’umidità delle fughe e si nutrono dei tensioattivi residui: il silicone senza protezione vira rapidamente al nero puntinato, soprattutto nei bagni privi di finestra. Il prodotto giusto deve integrare fungicidi a rilascio controllato, capaci di restare attivi per almeno cinque anni. La scheda tecnica dovrebbe riportare diciture come “resistenza ai funghi secondo ISO 846” o “additivato con ioni d’argento”. Questo dato è più cruciale della marca stessa: due siliconi formulati per edilizia generale, pur di marchi blasonati, ingrigiranno in pochi mesi dentro la doccia.
Il modulo elastico e la larghezza del giunto
I pannelli di vetro, sotto shock termico, possono dilatarsi di alcuni decimi di millimetro lungo i bordi incollati; il piatto doccia acrilico può flettersi quando una persona vi si sposta. Serve un sigillante a basso modulo elastico capace di deformarsi senza strappo fino a venticinque o trenta per cento della larghezza del giunto. Se l’interstizio tra vetro e piatto supera cinque millimetri, è consigliabile posare prima un cordoncino di materiale di fondo compressibile, così il silicone si ancora lateralmente e non incolla sul fondo, conservando elasticità tridimensionale.
Colorazione e finitura: lucido o satinato, trasparente o bianco
La scelta estetica non è banale: il silicone trasparente, universalmente diffuso, tende a catturare microbolle d’aria e a diventare leggermente lattiginoso con il calcare; il bianco sanitario, invece, mette in evidenza eventuali ingiallimenti da contatto con agenti sgrassanti a base cloro. Esistono versioni grigio alluminio e nero antracite per abbinarsi ai profili più moderni. Le finiture satinate riflettono meno, mascherano micro‐imprecisioni di spatolatura e risultano più omogenee in controluce. La scelta deve tenere conto dell’illuminazione della cabina e del colore delle fughe circostanti: una sigillatura che si “mima” col resto del box fa percepire la superficie più pulita anche col passare del tempo.
La posa corretta: primer, lisciatura e tempi di reticolazione
Anche il silicone più evoluto fallisce se il supporto non è deterso e sgrassato. Occorre rimuovere vecchi residui con lama di plastica, detersivo neutro e alcol isopropilico, lasciando asciugare almeno venti minuti. Su profili in alluminio verniciato un primer specifico per metalli migliora l’adesione, una vernice graffiata esporrebbe il metallo nudo alla corrosione innescata dal vapore. Dopo l’estrusione del cordolo continuo, la lisciatura con spatola in silicone umettata in acqua e sapone modellante compattazione e spinge la pasta contro le pareti del giunto. Il neutro alcoxy necessita di ventiquattro ore per raggiungere l’indurimento finale a venti gradi; durante questo periodo non si devono usare la doccia né spruzzare detergenti, per non alterare la pellicola superficiale.
Manutenzione e durata: ispezioni periodiche e piccole riprese
Ogni sei mesi conviene controllare la fuga siliconica con luce radente: eventuali micro‐bolle o segmenti che si staccano dai profili sono un campanello d’allarme per infiltrazioni d’acqua. In questi punti si può incidere il tratto compromesso e ritoccare con nuovo silicone, purché si pulisca accuratamente la zona circostante. Evitare detergenti a base solvente o abrasive: il silicone sanitario resiste bene agli acidi delicati anticalcare, meno ai prodotti alcalini molto aggressivi che ne erodono la lucentezza.
