La liberatoria per un assegno è il documento, rilasciato dal beneficiario o dal suo avente causa, che certifica l’avvenuto pagamento del titolo o comunque l’estinzione del debito sottostante. In Italia essa svolge un ruolo cruciale ogni volta che l’assegno, per ragioni di scoperto o di irregolarità formale, non viene onorato alla prima presentazione e finisce in protesto o in segnalazione Centrale Allarme Interbancaria. Il codice di riferimento è il Regio Decreto 1736 del 1933 (legge assegni) integrato dalla normativa sul protesto cambiario e dagli articoli del TUB che regolano la revoca di sistema. Ottenere la liberatoria è quindi un passaggio obbligato per cancellare l’annotazione di mancato pagamento, riattivare la propria operatività con gli assegni e ripristinare la reputazione creditizia presso banche e fornitori.
I due casi in cui diventa necessaria: protesto già levato o segnalazione CAI senza protesto
Il primo scenario si verifica quando il notaio o l’ufficiale levatore, a seguito del mancato pagamento alla presentazione, redige un vero e proprio atto di protesto e lo trasmette alla camera di commercio: qui la liberatoria servirà per chiedere la cancellazione dalla sezione protesti del Registro Informatico. Il secondo scenario riguarda l’assegno riportato in Centrale Allarme Interbancaria senza che sia stato protestato, casistica frequente dopo l’abolizione del protesto sugli assegni di importo inferiore a mille euro e nei casi in cui la banca paga su propria responsabilità e poi rivalersi sul traente. In entrambi i contesti la sostanza non cambia: occorre convincere chi aveva titolo a ricevere la somma che questa è stata integralmente corrisposta, comprese eventuali spese accessorie, cosicché possa sottoscrivere la dichiarazione di soddisfazione del credito.
La ricostruzione puntuale dei dati dell’assegno come preludio alla richiesta
Prima di contattare il beneficiario è essenziale disporre di una copia fronte-retro dell’assegno, del modulo di non pagamento emesso dalla banca e, se presente, dell’atto di protesto. Questi documenti riportano importo, data di emissione, numero di assegno, codice filiale e coordinate del conto traente. Anche un microscopico errore di trascrizione in fase di compilazione della liberatoria potrebbe indurre l’impiegato camerale o l’operatore CAI a respingerla, costringendo a ricominciare l’iter. Il consiglio pratico è redigere una scheda riepilogativa con tutti i dettagli da consegnare al beneficiario: in tal modo egli non dovrà consultare archivi o contabili e potrà limitarsi a copiare i dati nella dichiarazione, riducendo la possibilità di omissioni.
Convincere il beneficiario a rilasciare il documento e definire la forma della quietanza
Una volta recuperati i riferimenti, si contatta il prenditore spiegando che la liberatoria non è un favore personale bensì un atto che certifica l’esito finale della transazione. Se l’assegno è stato già sostituito da bonifico, contante o assegno circolare, mostrare la ricevuta del pagamento o la copia del CRO basta a dimostrare che il credito è estinto e spinge la controparte a predisporre la quietanza. Se invece l’assegno non è stato ancora onorato, occorre pagare la somma capitale più spese di protesto, interessi moratori e ogni costo sostenuto dal beneficiario: soltanto all’incasso integrale questi potrà dichiarare di non avere più nulla a pretendere. La liberatoria va sempre redatta su carta intestata del beneficiario, se impresa, o su foglio semplice con firma autografa autenticata se privato che non dispone di timbro. Deve contenere: “Io sottoscritto …, in qualità di …, dichiaro di aver ricevuto la somma di euro … a saldo dell’assegno n. … emesso il … tratto sulla banca … e quindi rilascio piena liberatoria per ogni effetto di legge”.
Autenticazione e conformità della firma, nodo spesso sottovalutato
Affinché la liberatoria sia accettata dagli uffici protesti o dalla banca segnalante, la firma del beneficiario deve essere riconoscibile e, nei casi di società, accompagnata da timbro e qualifica del firmatario (amministratore, procuratore). Se il creditore è un privato senza partita IVA, molte camere di commercio pretendono che la firma sia autenticata presso comune, notaio o ufficio postale abilitato, per evitare contestazioni di falsa attestazione. È opportuno quindi concordare in anticipo con il beneficiario il luogo di firma, magari fissando l’incontro direttamente allo sportello del comune, dove in dieci minuti si ottiene l’autentica previa esibizione di documento valido. Questo costo, di pochi euro, ricade per prassi sul traente, che ha interesse a chiudere la partita nel modo più lineare.
Presentare la liberatoria alla banca per la cancellazione dalla Centrale Allarme Interbancaria
Se l’assegno è finito in CAI ma non in protesto, la procedura più rapida consiste nel consegnare la liberatoria alla propria filiale. L’addetto la scannerizza e la allega al fascicolo di revoca, inoltrandola alla direzione centrale che provvederà a comunicare a CAI l’avvenuto pagamento. Entro cinque giorni lavorativi la revoca di sistema deve decadere e il cliente può tornare a emettere assegni. È comunque prudente attendere conferma scritta da parte dell’istituto prima di utilizzare nuovi moduli. In alcune banche, se l’assegno era a copertura insufficiente, è richiesto un versamento cauzionale per dimostrare la capacità di emettere titolo: la liberatoria riduce l’importo ma non sempre lo azzera.
Depositare il documento presso la Camera di Commercio per la cancellazione formale del protesto
Quando il notaio ha levato il protesto, serve un passaggio ulteriore. Con la liberatoria in originale e un modulo di istanza in bollo, ci si reca allo sportello protesti della camera di commercio competente per territorio (quella che ha registrato l’atto). L’operatore controlla che i dati coincidano, incamera la tassa di segreteria e protocolla la richiesta. La legge prevede che il protesto venga cancellato entro venti giorni; in molte camere, grazie all’informatizzazione, la visura risulta pulita già dopo pochi giorni. Il certificato di cancellazione può essere richiesto dietro pagamento di diritti e conviene conservarlo in archivio: è il documento che attesta la rimozione effettiva dal Registro e può servire per pratiche di finanziamento o bandi pubblici.
Aggiornare banche dati private e sistemi di rating creditizio
Oltre agli archivi pubblici esistono sistemi di informazione creditizia privati (CRIF, Experian, Cerved) che registrano il protesto o la revoca d’assegno. La liberatoria e l’attestazione di cancellazione vanno inviate anche a questi gestori, secondo le modalità previste sul loro sito, per velocizzare l’aggiornamento del profilo. In teoria gli enti si allineano agli archivi pubblici, ma in pratica è l’interessato che deve sollecitare la correzione. In un’epoca in cui le banche valutano mutui e fidi con algoritmi in tempo reale, avere un report pulito il prima possibile può fare la differenza tra un finanziamento concesso e uno respinto.
Conservare la documentazione e prevenire nuovi disguidi
Concluso l’iter, è opportuno archiviare in formato digitale la liberatoria, la ricevuta della camera di commercio, la lettera di revoca CAI e il certificato di cancellazione protesto. La prescrizione dei titoli di credito è di sei mesi, ma la responsabilità civile per eventuali danni derivanti da protesto illegittimo dura cinque anni. Conservare la documentazione permette di difendersi in caso di errori di segnalazione successivi. Sul piano operativo, chi ha subito una revoca di assegni dovrebbe valutare l’adozione di moduli a copertura (assegni di traenza) o l’utilizzo di strumenti alternativi come bonifico istantaneo, riducendo il rischio di ripetere l’incidente.
Conclusioni
Ottenere la liberatoria per un assegno non è un atto burocratico fine a sé stesso ma il passaggio chiave per recuperare la piena operatività bancaria e salvaguardare la reputazione economica. Attraverso il pagamento integrale del titolo, il dialogo con il beneficiario, la corretta autenticazione della quietanza e la tempestiva presentazione agli organismi competenti, il traente cancella in modo definitivo il segno del proprio inadempimento. Agire con metodo, fornendo dati accurati e rispettando i passaggi formali, trasforma un evento potenzialmente lesivo in una parentesi chiusa, restituendo la libertà di emettere nuovi assegni, accedere al credito e partecipare serenamente alla vita economica quotidiana.